Il mondo 1.0
Ho letto con tristezza una notizia apparsa ieri sulla stampa spagnola: (El Mundo): più della metà delle società statunitensi veta l’uso Facebook e Twitter. (+)
Secondo uno studio pubblicato da Robert Half Technology Consultant più della metà delle aziende statunitensi hanno bloccato l’accesso a reti sociali come Facebook o Twitter. Lo studio intervista circa 1.400 aziende con più di 100 dipendenti negli Stati Uniti.
Questa politica è abbastanza comune nei luoghi di lavoro e non solo nel settore privato. Il comune della città di Zurigo ha segnalato lo scorso settembre, che avrebbe posto il veto sull’uso di tutte le reti sociali durante l’orario di lavoro. Il loro obiettivo, la riduzione dei 3,36 milioni di visite al mese, realizzate dai funzionari comunali.
Tristezza perché mi rendo conto che il 50% di imprenditori e dirigenti d’azienda confondono la produttività con le ore di presenza al lavoro.
Ma ancora più triste perché vedo che il 50% dei lavoratori dipendenti delle aziende non fanno nulla per convincerli del contrario: le ore di presenza in un ufficio non hanno nulla a che fare con i risultati dell’azienda!
Una frase di Elvis Presley, raccolta nel Cluetrain Manifesto, cita testualmente: “We can’t go on together with suspicious mind” (Non possiamo andare avanti insieme se sospettiamo l’uno dell’altro).
Come noi (datori di lavoro) possiamo delegare l’esecuzione del nostro modello di business a una serie di collaboratori del quali non ci fidiamo?
Come noi (i lavoratori) possiamo presentarci al lavoro sapendo che la nostra azienda non si fida di noi?
Sia gli uni che gli altri stiamo accettando un modello basato sulla diffidenza reciproca che premia unicamente gli interessi personali di ognuno (datore di lavoro e lavoratore), indipendentemente da ciò che il buon senso dovrebbe farci riflettere:
Un insieme di persone lavorano in modo efficace per creare ricchezza per l’azienda che reinveste una parte dei suoi utili a migliorare le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti. È un modello win-win basato sulla fiducia reciproca che si misura sulla base dei risultati, non sulla base delle ore di presenza dei dipendenti negli uffici.
In questo caso non è solo la diffidenza dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori, ma anche la mancanza di «visione» dei lavoratori (mi riferisco al caso dei dipendenti del comune di Zurigo), che, senza moderazione alcuna, son capaci di generare 3,36 milioni di visite mensili a reti sociali, senza preoccuparsi se questo potrebbe alimentare la sfiducia degli organismi di gestione. Come in tutti i casi, gli estremi sono controproducenti, e per colpa degli estremi, a volte per ogni passo avanti ne facciamo tre indietro.
L’altra questione è la mancanza di fiducia delle aziende verso le reti sociali come meccanismo di comunicazione. Il fatto che ci siano aziende che sono disposte a rinunciare alla sua presenza nelle reti per il timore di una presunta scarsa efficienza dei loro dipendenti dimostra che la mentalità in generale, è ancora lontana da ciò che immaginiamo quelli che la pensano diversamente.
Vero, le reti a volte sono una distrazione per la gente. Ma dobbiamo valutare il valore dell’enormità di informazioni a nostra disposizione, la capacità di collegarci in tempo reale alle persone e alle fonti di informazione che possono facilitare il nostro lavoro quotidiano. Compresa la possibilità di avvicinarci ai nostri clienti ed ascoltare le loro esigenze in modo diretto, senza intermediari.
Dobbiamo correre il rischio che ci siano persone che si possano approfittare della situazione, ma forse dedichiamo il nostro tempo a cronometrare i minuti alla macchina del caffè?
Ed infine, una frase di un uomo che mi ha insegnato a camminare: Se volete qualcosa, dimostrate di meritarlo. Otterrete il doppio!
Written by Marco Cimino
octubre 20, 2009 a 9:34 am
Publicado en 2 "Reflexiones" in Italiano, Reti sociali, Riflessioni
Deja una respuesta