Reflexiones 2.0 (Enterprise y Personales) de Marco Cimino

un momento de pausa entre la presión de cada día….

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Guarda da lontano

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Uno dei principali rischi che troviamo nel definire la nostra strategia di comunicazione online è quella di guardare le cose troppo da vicino.

La visione da vicino, a volte comporta i rischi tipici di “affaticamento della vista” (siamo talmente abituati a gestire le cose in un certo modo che dimentichiamo che l’ottenere risultati diversi comporta la maggior parte delle volte fare le cose in modo diverso) e soprattutto il rischio di perdere la visione d’insieme e quindi perdere la coerenza delle azioni rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati.

In queste situazioni, purtroppo, non si possono usare gli “occhiali da lettura ” per correggere la nostra visione 🙂 , ma la soluzione sarà necessariamente allontanarci dal quotidiano  per recuperare la nostra immagine d’insieme.

E ‘chiaro che il primo passo è la definizione della nostra strategia di comunicazione, in altre parole il «chi siamo» in termini di società / brand / prodotto, quali sono i nostri valori, a chi ci rivolgiamo, che cosa vogliamo essere per i nostri consumatori, quale sarà la nostra identità, ecc

Un esercizio di «branding» o d’identità del nostro prodotto / azienda deve essere il punto di partenza per progettare la nostra strategia.

Nella maggior parte dei casi, in un modo più o meno formale, abbiamo già realizzato questo esercizio e siamo già arrivati a determinate conclusioni.  Altre volte si parla di cose che abbiamo sempre saputo, ma non è mai stato dedicato il tempo e la metodologia adeguata per formalizzare all’interno della nostra organizzazione questi punti.

In tutti i casi, il compito di definire la nostra identità è un buon punto di partenza per la nostra strategia di comunicazione, che aiuterà a garantire la dose necessaria di coerenza in tutte le nostre azioni.

Per quanto riguarda la tattica associata con la nostra strategia (e quindi comprendere l’insieme delle azioni da intraprendere per supportare la nostra strategia), la visione globale ci permette di definire con maggiore chiarezza l’insieme delle azioni a realizzare e come ripartire i nostri sforzi e le nostre risorse tra tutte le loro.

Per approfondire meglio prendo spunto da quello che ho imparato pochi giorni fa, assistemdo ad una interessantissima conferenza di Fernando de la Rosa (@ titonet per gli amici di twitter) nell’ambito di “Iniciador Barcelona”.

Fernando (l’unico uomo sul pianeta in grado di spiegare qualsiasi teoria con un triangolo, un cerchio e una Long Tail :-)) ha spiegato la sua teoria del modello dei punti di contatto. (Vi consiglio di leggere il suo post a riguardo), che definisce che  qualsiasi modello di comunicazione si può schematizzare in 3 diversi punti di contatto tra noi ed i nostri consumatori.
1) Paid, rappresenta l’insieme di azioni che paghiamo per impattare sui consumatori (campagne di Google, banner, etc).

2) Owned, rappresenta l’insieme di attività e risorse di nostra proprietà, per comunicare con i nostri consumatori, la nostra pagina web per esempio.

3) Earned, rappresenta l’insieme di opinioni su nostro marchio che abbiamo ottenuto da un’esperienza del cliente. (commento positivo, i like su facebook, ecc)


Questa maniera di riassumere lo «stato dell’arte» della nostra comunicazione con il mercato è uno strumento molto potente per sapere dove ci troviamo, qual è il modello di comunicazione che abbiamo adottato e ci permette di definire dove concentrare i nostri sforzi, le nostre risorse , garantendo una visione d’insieme ed una “distanza” sufficiente per poter definire una strategia a medio termine.

In una seconda fase, una volta che il modello generale è convalidato, abbiamo la possibilità di concentrarci sul dettaglio di ognuna delle azioni previste, con la tranquillità di lavorare in modo coerente e ordinato.

È la storia di sempre; la differenza tra urgente ed importante; Cosa ne pensate?

Written by Marco Cimino

noviembre 27, 2010 at 12:33 pm

un’esperienza 3.0

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Lo scorso 29 di ottobre, nel corso dell’esposizione Arredamont 2010 e grazie all’organizzazione di D.R. Lovewood, ho avuto il previlegio di raccontare i vantaggi del marketing online e l’uso delle reti sociali nella stategia di comunicazione delle aziende.

Una sala praticamente piena, piú di 2 ore di slides e mezz’ora di dialogo aperto alla fine della presentazione, sono stati gli elementi caratteristici di un momento 3.0.  (persone interessate e partecipative attorno a un argomento di interesse comune).

Le conclusioni alle quali siamo arrivati alla fine dell’evento (e che spero che siano condivisa dai partecipanti) si potrebbero riassumere nei seguenti punti.

  • Le reti sociali (ed il mondo internet in generale) sono sicuramente un fenomeno da tenere sott’occhio (oggi e nei prossimi anni).
  • Esiste interesse da parte di professionisti della comunicazione ed imprenditori del Bellunese per capirne i meccanismi.
  • L’informazione e sopratutto l’esperienza attualmente è poca, ed in generale esiste una certa paura ad essere i primi ad adottare la filosofia 2.0 (e forse ci sono i presupposti per riparlarne.. magari ad Arredamont 2011 🙂 )
  • Probabilmente il modo migliore per cominciare sarebbe l’applicazione del modello 2.0 all’interno della nostra azienda

Come promesso, vi lascio il materiale della presentazione (anche scaricabile direttamente da SlideShare)

E, se avete voglia di leggere un pó, vi propongo i 4 articoli che ho scritto per preparare il workshop.

Versione in Italiano: 1, 2, 3 e 4

Versione in Spagnolo: 1, 2, 3 e 4

Finalmente vorrei ringraziare tutti per la partecipazione, la D.R. Lovewood per aver patrocinato l’evento ed in particolar modo la Dott.ssa Giove (Direttore Commerciale della D.R. Lovewood) per aver curato in ogni minimo dettaglio l’evento e la mia «mini-vacanza» a Belluno, facendomi sentire come a casa… o forse ero a casa 🙂

Written by Marco Cimino

octubre 31, 2010 at 1:29 pm

Web 2.0, una moda o un’opportunità per le aziende? (Quarta parte)

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false]   (continua dalla terza parte)

Negli articoli precedenti abbiamo analizzato che cosa sono i social media, quali sono i meccanismi che li regolano e come preparare un Social Media Plan, definendo innanzitutto i nostri obbiettivi, analizzando il nostro target e finalmente costruendo la nostra identità digitale.

In questa quarta ed ultima parte siamo arrivati al momento dell’azione:

Dovremmo scegliere i canali a utilizzare e disegnare le azioni specifiche per ogni canale. La scelta dipenderà da una serie di fattori come:

–          La presenza del nostro target sul canale selezionato. (evidentemente non ha molto senso disegnare una landing page su facebook sapendo a priori che il nostro target non usa prioritariamente facebook)

–          Il profilo socio tecnografico del nostro “consumatore”, e per cui la maniera di interagire e di relazionarsi con gli altri. In questo caso sarà importante sapere se il nostro target, ad esempio, è un gran consumatore di contenuti (e quindi la nostra attività si dovrà centrare principalmente in generare contenuti di valore utilizzando per esempio un blog corporativo), oppure se il profilo risponde più al generatore di contenuti (e quindi la nostra attività si dovrà centrare sulla generazione di conversazioni attorno ai contenuti generati da altri, come per esempio i commenti ad altri blog).

–          Gli obiettivi che ci siamo prefissati (incrementare le vendite, migliorare il supporto al cliente, migliorare l’immagine del marchio), che possono influire in modo decisivo sulla tipologia di rete sociale a utilizzare.

Definiremo pertanto l’uso dei vari canali, lo scopo o l’obiettivo principale e il calendario o periodicità che vogliamo utilizzare per ognuno di essi. Potremmo quindi disegnare un blog aziendale per generare contenuti di valore per i nostri consumatori e “innescare” il dialogo, “ascoltare” la “blogosfera” e commentare gli articoli pubblicati in altri blog per mantenere il livello di conversazione nella rete. Disegnare ed utilizzare un canale in youtube e in slideshare per pubblicare materiale relativo ai nostri prodotti (ad esempio), e creare un canale in twitter per dare supporto ai nostri clienti, dinamizzare il dialogo e mantenere una rapporto molto più diretto con il nostro pubblico.

In questa fase potremmo preferire sviluppare le nostre piattaforme sociali, nel caso in cui non sia possibile l’utilizzo di reti pubbliche già esistenti. Questo tipicamente sarà il caso di modelli B2B, o quando il nostro target è composto di professionisti (per esempio del mondo della salute) e i contenuti a trattare non sono direttamente divulgabili su internet (come ad esempio informazione relativa a prodotti farmaceutici).

In ogni caso, la definizione della nostra identità digitale ci servirà per stabilire in ogni momento “la forma” che useremo per partecipare nelle conversazioni sui Social Media e ci aiuterà a garantire la coerenza nei diversi canali e nelle diverse azioni che abbiamo disegnato.

Si, ho detto conversazioni. Si tratta infatti a questo punto di generare e partecipare alle “conversazioni” sui Social Media, seguendo delle regole basiche di “buonsenso”:

Attitudine

  • Ascoltare prima, parlare poi.
  • Conversare con il mercato alla pari (allo stesso livello).
  • Apportare in ogni momento valore e divertimento alla conversazione.
  • Qualificare e identificare i nostri interlocutori.
  • Stabilire legami a medio- lungo termine, mai pensare nel beneficio immediato (non focalizzarsi sulla vendita ma sullo stabilire un rapporto di fiducia)
  • Essere trasparenti, onesti, credibili, mai evasivi.
  • Identificarsi sempre con il nome ed il ruolo. Mantenere una conversazione da persona a persona.
  • Essere coerenti in tutti i canali, mantenere una identità comune
  • Fare domande, dare risposte, alimentare il dialogo.

Esperienza, convertirci in esperti del nostro settore

  • Generare contenuti di valore degli argomenti di cui siamo esperti (come marchio), e offrire  informazione specifica e di dettaglio alle persone che la richiedono
  • Fornire links a risorse utili, materiale in rete, non solo generato da noi ma anche da altri, indipendentemente che siano nostri competitori.
  • Quando il nostro cliente si fiderà di noi, si fiderà del nostro prodotto.

Reputazione

  • Essere preparati ai commenti negativi, sapere gestirli correttamente.
  • Assumere gli errori, ringraziare le persone che ci permettono migliorare e cercare di trovare una soluzione per rimediare.
  • Utilizzare le critiche per migliorare i nostri prodotti / servizi.
  • Rispondere educatamente.
  • Convertire i “critici” in veri e propri “fans” del marchio.
  • Costruire la reputazione del marchio con i fatti e non le parole.

Arrivati a questo punto, ci rimane la parte che solitamente dimentichiamo: il controllo. Tutto lo sforzo che abbiamo fatto fino ad ora genera un feedback che dovremmo essere in grado di analizzare ed interpretare per sapere se stiamo lavorando correttamente e stiamo raggiungendo gli obbiettivi stabiliti.

Si tratta in definitiva di stabilire un circuito di miglioramento continuo basato nei risultati delle nostre azioni nei Social Media.

L’analisi si potrà realizzare in funzione del tipo di rete utilizzata, definendo indicatori di controllo tanto quantitativi come qualitativi, oppure creando degli indicatori specifici in funzione degli obbiettivi che ci siamo prefissato.

Nel primo caso (prendendo come esempio un blog corporativo), potremmo definire come indicatori quantitativi il numero di visitatori unici, il numero di pagine viste ed il numero di suscribers via RSS; e come indicatori qualitativi la media dei commenti per post, la quantità di “conversazioni” generate partendo dai commenti ed il matching tra il nostro target ed il profilo dell’utente che visita il nostro blog.

Se parlassimo di un canale twitter, gli indicatori quantitativi sarebbero il numero di followers, il numero di risposte che si generano in media o il numero di “retwitts” che generano in media i nostri messaggi; e dal punto qualitativo il profilo del nostro follower (livello di coincidenza con il nostro target).

Ogni tipo di rete dovrà essere analizzato in base a parametri specifici. Se parliamo di una pagina web, sarà importante la media di pagine viste per ogni visita. Se parliamo di un blog, forse sarà più interessante il tempo medio di permanenza in una pagina rispetto alla media di pagine viste.

Se invece vogliamo analizzare i risultati dal punto di vista del beneficio che ci generano, dovremo definire altri tipi di indicatori. Ci interesserà sapere, ad esempio, quanti suggerimenti o critiche che abbiamo ricevuto via reti sociali sono risultati utili per migliorare il nostro prodotto o servizio, oppure come il dialogo nelle reti sia capace di ridurre il numero di commenti negativi dei nostri clienti.

In ogni caso dovremmo analizzare ed interpretare con una certa periodicità tutte le informazioni che riceviamo come feedback delle nostre azioni per sapere esattamente dove ci troviamo e se stiamo andando nella direzione giusta (quella definita dai nostri obbiettivi)

Conclusioni

Siamo arrivati alla fine di questo “monografico” dedicato alle reti sociali, spero vi sia piaciuto e vi esorto a commentare in questo blog le vostre impressioni, le vostre opinioni e le vostre esperienze personali.

Per concludere vorrei uscire un po’ dalla scaletta prevista e concludere con due cose.

Un piccolo “decalogo” delle cose a tenere in mente nello sviluppo di un social media plan, di là della disciplina, le tesi e l’esperienza.

  1. Ascoltare, ascoltare ed infine ascoltare; i clienti hanno la chiave del nostro successo, è sufficiente saper ascoltare
  2. L’immagine della nostra azienda non è quello che noi scriviamo sulle nostre brochure, sui cataloghi e sulla pubblicità. Ormai l’immagine della nostra azienda è quello che i nostri consumatori pensano e dicono di noi. Partecipare è una scelta, ascoltare è obbligatorio.
  3. I social media sono un fenomeno sociale che va molto più in la di una strategia di comunicazione o di marketing. Le reti sociali cambiano profondamente il nostro modello di relazione con il mercato e quindi dobbiamo essere preparati. Se non siete preparati a perdere il controllo, non siete preparati ad entrare nel mondo dei social media.
  4. Trattandosi di un fenomeno sociale, probabilmente il miglior punto di partenza per cominciare una strategia di social media probabilmente sia la nostra azienda da dentro. Se siamo capaci di diffondere la filosofia 2.0 tra le nostre persone, loro saranno la garanzia del nostro successo, applicando gli stessi principi nel rapporto con il cliente.
  5. Pensare nel rapporto con il cliente come un’esperienza globale. Dalla promessa che facciamo quando trasmettiamo i valori e l’immagine del nostro marchio, all’esperienza che la persona vive con il nostro prodotto o servizio, al modo in cui ci rivolgiamo al cliente, al dialogo, al supporto post-vendita, ai reclami. Se dimentichiamo per un momento la vendita e ci concentriamo sull’esperienza del nostro cliente, il successo sarà assicurato.
  6. Nessuno è infallibile, nemmeno noi.
  7. Umiltà, umiltà ed umiltà.
  8. Se nessuno è infallibile e vogliamo essere umili, davanti ad un errore non ci resta che assumerlo, cercando di trovare la migliore soluzione per rimediare, ed approfittando del errore per migliorare.
  9. Se qualcuno parla male di noi probabilmente è perche gli interessiamo. Il peggior scenario per noi è l’indifferenza. In tutti gli altri casi abbiamo l’opportunità di convertire un cliente in un fan del nostro marchio.
  10. Cliente? Chi ha parlato di clienti??? Persone, persone, persone, persone… il mondo è fatto di persone e non di clienti.

Il secondo punto è un elenco di letture, risorse, blog, autori sui quali mi sono basato per la realizzazione di questo monografico. A tutti un rigraziamento per il lavoro che stanno svolgendo e per la loro vocazione a condividere con gli altri le loro idee.

Letture obbligate:

Manifesto Cluetrain, trutta la filosofía 2.0 http://www.cluetrain.com/

Il Mondo Groundsweel, la filosofía 2.0 10 anni dopo, esempi, metriche.. realmente interessante e pratico , cosí come la continuazione del libro, Empowered http://www.forrester.com/empowered

Iníciate en el marketing 2.0, (solo disponibile in spagnolo) di Enrique Burgos y Marc Cortes. Un libro “locale” molto pratico e destinato a dare una prima infarinatura sui concetti e gli strumenti di marketing 2.0 http://www.bibloworld.com/epages/61560601.sf/?ObjectPath=/Shops/61560601/Products/Marketing-2.0

Tribes, di Seth Godin. Una tribù ha bisogno di un’idea e di uno strumento di comunicazione per diffonderla. http://sethgodin.com/sg/books.asp

Ringraziamenti:

Marc Cortés, sa quello che dice (che oggigiorno è già molto) ed ha una vocazione per condividere il suo sapere con gli altri. http://www.interactividad.org/

Jaime Valverde e Borja Muñoz, pura passione. http://marketingtakeaway.com/

Mau Santambrosio, buonsenso da vendere. http://www.marketingdelretail.com/

Enrique Burgos, fidelizzare, fidelizzare, fidelizzare. http://www.enriqueburgos.com/

Tristán Elósegui, l’inquietudine di scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo. http://tristanelosegui.com/

Titonet (Fernando de la Rosa), il lato oscuro della pubblicità e della comunicazione. http://www.titonet.com/

Albert Garcia Pujadas (Qtorb), un ‘osservatore della società digitale. http://www.qtorb.com/

Miguel del Fresno, la “reputazione” convertita in uomo. http://quor-wom.blogspot.com/

Armando Liussi de Paoli (mando mando), capire la comunicazione. http://mandomando.com/

A tutti loro, ed agli altri che non ho menzionato per evitare una lista interminabile,  il mio ringraziamento, per la qualità ed il valore apportato alla rete e per condividere ogni giorno le loro idee e le loro inquietudini.

Web 2.0, una moda o un’opportunità per le aziende? (terza parte)

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false]  (continua dalla seconda parte)

Dopo aver visto nei post precedenti di cosa tratta il web 2.0 e quali sono i meccanismi che regolano le principali reti sociali, arriva il momento di definire un piano di azione: abbiamo finalmente deciso di aprire la nostra azienda al mondo dei Social Media ed abbiamo bisogno di una strategia di avvicinamento.

Cominciamo dall’inizio:

1) definiamo gli obiettivi.

È assolutamente necessario sapere in partenza quali sono i nostri obiettivi; per molte ragioni. Senza obiettivi non sapremo mai se abbiamo raggiunto il nostro scopo 🙂 e quindi non potremmo mai giustificare alla direzione aziendale se il nostro lavoro è servito a qualcosa e se l’investimento fatto ha dato i risultati che ci aspettavamo. (tutti vorremmo conservare il nostro posto di lavoro, vero? 🙂 )

Gli obiettivi, inoltre, ci aiutano a non perdere di vista il punto di arrivo, evitando di disperderci nel cammino e di cambiare la nostra rotta in continuazione (causa principale di molti progetti iniziati e mai finiti). E, in ultima istanza, gli obiettivi ci permettono di valutare la correttezza della strategia disegnata, soprattutto se a medio / lungo termine, definendo dei punti di controllo intermedi.

Gli obiettivi possono essere quantitativi (voglio incrementare le mie vendite online un 5%) o qualitativi (voglio migliorare l’immagine della mia marca). Ovviamente, nel caso di obiettivi qualitativi, sarà molto utile determinare una serie di indicatori equivalenti che mi permettono di valutare i risultati del punto de vista objetivo. Nel caso del nostro esempio, migliorare l’immagine della marca (o l’esperienza dell’utente con il nostro prodotto) potrebbe essere “misurato” con un numero determinano di fans a Facebook, o in alternativa con una diminuzione delle chiamate al servizio post-vendita del 5% in 6 mesi.

Cerchiamo comunque di rimanere con i piedi per terra e di non porci degli obiettivi inverosimili. Soprattutto se siamo alla prima esperienza con i Social Media, ricordando la frase (con tranello) di un amico (grazie Mau): il 75% degli utenti raccomanda nelle reti sociali la loro marca preferita!

Grazie al social media abbiamo la possibilità che le persone raccomandino la nostra marca …. pero evidentemente il nostro lavoro è essere capaci di convertirci nella loro marca preferita… fuori dal Social Media.

2) Definiamo il nostro target.

Anche nei social media dobbiamo analizzare il nostro mercato e definire in nostro target. È assolutamente necessario disegnare una serie di azioni personalizzate in base agli obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere ed al pubblico al quale ci stiamo dirigendo.

Da qui saremo in grado di definire quali reti sociali sono per noi interessanti e studiare il tipo di azione che dovremmo innescare nelle reti sociali che finalmente sono state scelte.

Il target può essere geografico, demografico, oppure rispondere ad altri criteri e affinità, come per esempio la passione per la fotografia.

È importante analizzare a fondo non solo la tipologia di cliente (demografia, geografia), ma anche cercare di creare un profilo sociale (interessi, abitudini, amicizie) e finalmente un profilo socio-tecnografico (maniera di interagire con i social media).

Nel caso citato in precedenza (appassionati di fotografia) potremmo trovarci ad esempio di fronte a profilo di persone di età compresa tra i 20 e 50 anni, di entrambi i sessi pero prevalentemente maschile, formazione media e superiore, amante dei viaggi e dell’elettronica di consumo, capace di destinare un 10% dei suoi guadagni alla passione per la fotografia, con una certa predisposizione per la natura, che fa sport almeno una volta alla settimana.

Dal punto di vista socio-tecnografico, si tratta di persone che partecipano attivamente nelle reti sociali, condividono fotografie e tecniche per la realizzazione delle migliori foto, partecipano nei blog specializzati e solitamente hanno preferenza per una o più marche di prodotti fotografici.

3) Costruiamo la nostra identità digitale

Per costruire l’immagine della nostra marca sarà necessario preparare previamente la sua identità digitale. In questo caso terremo presente gli attributi della nostra marca, il target al quale ci dirigiamo, quali sono i nostri obiettivi e, finalmente, il posizionamento del nostro marchio nei canali offline per garantire la necessaria coerenza tra il mondo off ed online.

Un buon punto di partenza può essere un esercizio di posizionamento del nostro marchio.

Se non abbiamo fatto quest’esercizio per definire il nostro marchio nel mondo offline, probabilmente sia arrivato il momento di definirne gli attributi per consolidare la nostra posizione nella mente dei nostri clienti, che ricordiamo, deve essere:

  • Unica: per occupare una posizione nella mente delle persone, la nostra proposta deve essere solo una, deve avere un attributo
  • Rilevante: non vale un posizionamento qualsiasi, deve essere uno di cui importi veramente ai nostri clienti
  • Chiara: non possiamo confondere il consumatore. Più definito è, più facile sarà che possa occupare uno spazio preferenziale nella sua mente. In questo senso, parliamo di trovare il focus.
  • Distintiva: il posizionamento è quello che ci aiuta ad essere diversi dai nostri concorrenti, per questo deve essere diverso dal loro.

A questo punto avremo tutti gli elementi per poter definire gli attributi della nostra identità digitale:

  • Personalità (moderna, conservatrice, azzardata, ecc)
  • Linguaggio (formale, informale, disinibito, ecc)
  • Immagine (logo aziendale, personaggio inventato, impiegato, dirigente)
  • Contesto (esperto nei prodotti, supporto al cliente, ecc.)

per arrivare alla creazione della nostra immagine nel mondo delle reti sociali.

Nell’esempio fatto in precedenza, la nostra immagine potrebbe rispondere a un personaggio inventato (rappresentato da un avatar), amante dei viaggi e della fotografia, con una personalità moderna, un linguaggio informale ma corretto ed esperto del’arte della fotografia, con la vocazione di pubblicare informazione utile riguardante consigli e trucchi per migliorare la nostra tecnica. In questo caso la persona non parlerebbe in nome del nostro marchio, ma in qualche modo verrebbe a rappresentarlo nel mondo online.

In questo caso potremmo utilizzare i vantaggi della comunicazione persona a persona, anche se avremmo lo svantaggio di non rappresentare direttamente il nostro marchio.

Arrivati a questo punto ci resta solo la definizione delle azioni a livello di reti sociali ed il timing di esecuzione. Ma questi saranno gli argomenti del quarto (ed ultimo) post di questa miniserie dedicata ai social media.

(to be continued….)

Written by Marco Cimino

octubre 13, 2010 at 1:48 am

Web 2.0, una moda o un’opportunità per le aziende? (Parte 2)

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false]

(continua dalla Parte 1)

Da dove cominciamo? Per disegnare una strategia efficace di partecipazione nei social media è necessario conoscere i tipi di reti sociali esistenti, la “popolazione” presente in ogni rete e l’uso principale a cui è destinata. In base a questi fattori possiamo decidere, per esempio, se la “popolazione” della rete o il suo uso principale non rispondono al nostro target ed al nostro obbiettivo, e quindi non sono interessanti dal nostro punto di vista.

In ogni caso, il consiglio è che comunque sia realizzata attività di monitorizzazione della nostra marca a prescindere dalla rete utilizzata.

Anche se sicuramente le principali piattaforme sociali saranno più che conosciute, facciamo un breve ripasso delle principali.

Facebook

Creata da Mark Zuckemberg nel 2004, attualmente  è la rete più frequentata (a luglio del 2010 registrava più di 500 milioni di persone) ed è tradotta in 70 lingue.

Le persone in facebook si organizzano in base a circoli di amicizia, per condividere fotografie, mandarsi messaggi, links, video.

Pur essendo una rete sociale “personale” (per cui le persone che partecipano lo fanno principalmente a titolo personale e nei loro momenti di ozio) , può risultare interessante per promuovere una marca, creare gruppi di fans di una marca, organizzare giochi e concorsi a premi, dare una certa visibilità a prodotti soprattutto destinati al consumatore finale, e permette di generare un certo traffico a pagine esterne grazie all’uso del bottone “share on facebook”

Attraverso l’uso di una pagina ufficiale è possibile mandare un messaggio a tutti i “fan”, pubblicare applicativi e raccogliere statistiche d’uso per verificare l’efficacia delle azioni realizzate. La possibilità di “targettizzare” le attività su Facebook (decidendo per esempio l’etá, il sesso, l’ubicazione geografica) incrementa l’efficacia delle azioni di marketing.

Il profilo delle persone che utilizzano facebook in Europa, secondo uno studio di O’Reilly Radar di agosto del 2009, risponde basicamente a persone tra i 18 e i 34 anni (con un 70%), mentre l’incremento maggiore si riscontra tra le persone di 55-65 anni (45-54 +61%, 55-59 +88%, 60-65 +104%). La proporzione tra i sessi invece è equilibrata al 50%.

Twitter

Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging  che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri (inizialmente per rispondere a la domanda “cosa stai facendo?”). Gli aggiornamenti possono essere effettuati tramite il sito stesso, via SMS, con programmi di messaggistica istantanea, e-mail, oppure tramite varie applicazioni basate sulle API di Twitter. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco.

Le persone che partecipano in Twitter si organizzano in gruppi con affinità comuni, intercambiando messaggi tra di loro, contribuendo con la creazione di contenuti interessanti, condividendo informazioni e creando rapporti, que a volte proseguono al di là delle reti stesse, per arrivare a veri e propri eventi. Come esempi citiamo Cava & Twitts (incontro con periodicità mensile per trattare temi legati al marketing, la pubblicità, televisione e social media) che arriva al suo secondo anno di vita, Eats & Twitts (evento periodico di networking) o il The Monday Reading Club, evento dedicato alla discussione di libri di marketing online che si celebra il primo lunedì di ogni mese, in contemporanea, in 10 cittá Spagnole.

Twitter, con rispetto a Facebook, è una rete sociale di carattere più professionale, utile per monitorare “keywords” legate alla nostra attivitá professionale; permette una certa visibilità per la marca ma soprattutto permette la generazione di “dialogo” tra la marca ed i consumatori.

Linkedin

LinkedIn è un servizio di social networking in rete impiegato principalmente per la rete professionale. Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Le persone nella lista sono definite «connessioni», ed esse sono in effetti le connessioni di un nodo (l’utente) all’interno della rete sociale. L’utente può incrementare il numero delle sue connessioni invitando chi di suo gradimento.

La rete di LinkedIn a Gennaio 2009 contava circa 30 milioni di utenti in America del Nord, Asia e Europa e cresce a una velocità di 100.000 iscritti a settimana.

Interessante rete sociale legata all’ambito professionale, ha un potenziale interessante per aiutare a posizionare le persone come “esperti in materia”. Attraverso i gruppi è possibile dare certa visibilità a una marca e facilitare il networking tra le persone.

Foursquare

Foursquare è un social network basato sulla geolocalizzazione disponibile tramite web e applicazioni per dispositivi mobili. Gli utenti eseguono il check-in  tramite la versione browser del sito o attraverso applicazioni su dispositivi che utilizzano il GPS. I check-in sono retribuiti con punti e talvolta con dei «badge». Il servizio è stato creato da Dennis Crowley e Naveen Selvadurai; Crowley aveva precedentemente creato un progetto simile dal nome Dodgeball, che è stato comprato da Google nel 2005 e messo offline nel 2009. Il 1 Settembre 2010 l’azienda ha vinto il premio Technology Pioneer al World Economic Forum.

A Settembre 2010  è stata lanciata la versione 2.0 che aiuta gli utenti a scoprire nuovi luoghi ed attività oltre a condividere la propria posizione come già avveniva nelle versioni precedenti. Le due liste, cose da fare e suggerimenti, sono state separate e messe in evidenza per aumentarne l’usabilità. E stato inoltre aggiunto un tasto per aggiungere più facilmente un luogo alla lista delle cose da fare. A partire da questa versione l’applicazione ricorda inoltre all’utente le cose da fare che si trovano nelle sue immediate vicinanze. Applicazioni di terze parti come quelle di The New York Times, Wall Street Journal e Zagat  hanno aggiunto il tasto «Add to my Foursquare» che permette di aggiungere determinati luoghi alla propria lista di cose da fare.

Anche se non si conosce esattamente la composizione della popolazione di Foursquare, la rete sociale presenta un potenziale interessante per quanto riguarda la visibilità e promozione di una marca. In questo caso la geolocalizzazione permette, ad esempio, informare le persone che fanno check-in in un determinato posto l’esistenza di offerte e promozioni nei punti vendita della zona o per esempio la possibilità di usufruire di tariffe speciali in alberghi e ristoranti vicini.

La funzione “sociale” è rappresentata dai possibili commenti e raccomandazioni degli utenti che hanno visitato il posto in precedenza.

You tube

Sito per la condivisione di video. Nato nel febbraio del 2005 è il terzo sito più visitato dopo Google y Facebook.

Eccellente canale informativo e formativo ha un grande potenziale in quanto a “viralitá” dei messaggi, grazie all’uso del video.

Altre iniziative 2.0

Il blog è uno degli strumenti di dialogo e partecipazione per eccellenza. Usato a livello aziendale, per esempio dando voce agli specialisti o alle figure chiave, permettono la creazione di veri e propri canali di comunicazione bidirezionali tra la marca ed i consumatori. Sono altrettanto importanti per impulsare la filosofia 2.0 all’interno delle aziende e di gestire il talento aziendale attraverso delle reti di contatti non gerarchizzate.

RSS (Really Simple Syndication ) e i relativi tool di consolidazione e lettura costituiscono una scelta interessante alla distribuzione d’informazione. L’applicazione principale per cui è noto sono i feed RSS, che permettono di essere aggiornati su nuovi articoli o commenti pubblicati nei siti di interesse senza doverli visitare manualmente uno a uno.

Social Bookmarking (delicious, digg-it ed altri) sono siti che permettono all’utente di catalogare e memorizzare le risorse di internet (pagine, documenti, ecc), condividendo questi indici con altre persone.

In un sistema di social bookmarking gli utenti registrano un catalogo di risorse Internet  ritenute utili ed interessanti. Sovente questi elenchi sono pubblicamente accessibili e altre persone con analoghi interessi possono visionarli, casualmente o suddivisi per categorie. Alcuni sistemi di social bookmarking salvaguardano la privacy, consentendo la registrazione di segnalibri in forma anonima, e quindi non associati ad un utente.

La categorizzazione delle risorse avviene per mezzo di «parole chiave» (tag) liberamente e informalmente scelte dall’utente (Folksonomia). La maggioranza dei servizi di social bookmarking permette agli utenti la ricerca di segnalibri associati a determinate etichette (tag), oltre all’ordinamento delle singole risorse Internet in base al numero delle segnalazioni.

É necessario che la mia azienda partecipi su internet e nelle reti sociali?

Assolutamente no! La presenza sui social media deve essere una scelta aziendale da valutare con attenzione, in quanto suppone non tanto una scelta di tipo tecnologico ma appunto sociale, obbligando l’azienda a portare a termine un processo di “adeguamento” della filosofia aziendale e dei meccanismi di comunicazione dell’azienda.

In ogni caso, a prescindere dal nostro grado di partecipazione, bisogna tener presente che a effetti di reputazione della marca, oggigiorno la nostra azienda non è quello che noi trasmettiamo al mercato attraverso la pubblicità ed il marketing tradizionale ma, spesso, quello che i nostro consumatori dicono di noi. E quindi crediamo che, anche se non in modo partecipativo, sia ormai obbligatorio monitorare le reti per capire se il messaggio che stiamo trasmettendo al mercato è recepito nel modo corretto.

Il primo passo è valutare se le reti sociali realmente rappresentano un’opportunità per la nostra marca o il nostro prodotto, determinando in quali reti risiede il nostro “pubblico obbiettivo”. Se non siamo in grado di determinare se realmente il nostro target risiede su qualche social media, probabilmente non valga la pena investire le risorse necessarie per partecipare.

Il secondo passo è sicuramente valutare se, come azienda, siamo in grado di accettare le regole della comunicazione 2.0:

–          Ascoltare prima, parlare poi

–          Generare conversazioni, comunicazione bidirezionale con il mercato

–          Condividere, co-creare

–          Non pensare alle vendite, ma pensare a come aiutare i nostri clienti

–          Non pretendere di essere infallibili, ma SEMPRE riconoscere i nostri errori

Regole, che probabilmente suppongano un cambiamento importante nella filosofia dell’azienda e che comunque deve essere esteso a tutta l’azienda stessa. Risulterà molto piú credibile il messaggio se tutta la nostra organizzazione, dalla direzione generale all’ultimo impiegato, dimostra maggior interesse nel trovare nuovi modi per aiutare i nostri clienti che in incrementare il volume delle vendite dell’azienda.

Per questa ragione, a volte, l’ingresso nel mondo del social media rappresenta un vero e proprio cambio culturale che ha il suo riflesso anche nella filosofia dell’azienda nel mondo “reale”.

Cosa fare e cosa non fare

Un esempio interessante di un’azienda che agisce secondo la filosofia 2.0 è il caso di Pastas Gallo, l’azienda di produzione di pasta leader del mercato spagnolo.

Il 29 maggio 2007 Abel, un informatico di Barcellona di 29 anni, scrisse una lettera all’azienda per denunciare la mancanza di alcune lettere (la U e la W) nel pacchetti di pasta a forma di lettere dell’alfabeto, così famosa tra i più piccini. Abel creò un blog per parlare della sua rivendicazione e chiese l’aiuto alla comunità di bloggers per diffondere la sua protesta.

L’azienda rispose prontamente alla lettera, assumendo il fatto e giustificando la difficoltà di produrre la U e la W per colpa della difficoltà di creare gli stampi adeguati per tali lettere. In ogni caso l’azienda invitava Abel a visitare il centro di produzione per capire con più precisione il problema e prometteva, in una lettera che accompagnava una cesta di prodotti regalo, che avrebbero studiato il problema per cercare una soluzione.

Il blog di Abel ebbe molto successo, ne parlarono stampa e radio, invitando Abel a partecipare a programmi radiofonici.

Il 30 ottobre 2007 una lettera annunciava a Abel la disponibilità delle lettere U e W, indicando che erano state aggiunte anche la Ñ e la @ completando in questo modi tutto l’alfabeto spagnolo e dando la possibilità di scrivere indirizzi email J

Il 13 novembre del 2007 Abel ringraziava pubblicamente nel suo blog Pastas Gallo per aver raccolto la sua richiesta e aggiunto le lettere che mancavano.

Pastas Gallo dimostrò in quell’occasione di essere capace di ascoltare i consumatori e, grazie alle loro indicazioni, di migliorare il prodotto. È evidente che il beneficio a livello di reputazione della marca sia stato enorme; un bell’esempio di come approfittare una situazione potenzialmente negativa per convertirla in positiva.

Un caso di “cattiva gestione del social media” è quello della multinazionale Nestlé e della sua pagina de facebook. Tutto cominciò il 17 di marzo 2010, quando Greenpeace denunciò che Nestlé utilizzava olio di palma proveniente dall’Indonesia per l’elaborazione del suo prodotto Kit-Kat. La materia prima veniva estratta dalle foreste dell’Indonesia, dove vive una specie protetta di orangután, provocando la deforestazione e la distruzione dell’habitat naturale di questa specie.

Nestlè negò le accuse ed obbligò al ritiro di un video denuncia pubblicato su You Tube, e cancellò i commenti negativi pubblicati sulla loro pagina di Facebook, provocando giustamente l’effetto contrario: aumentarono i messaggi di protesta sul muro di Facebook e si pubblicarono immagini della marca con associata la parola “Killer”.

L’azienda non fu capace di reagire a tempo comprendendo i meccanismi dei social media, pregiudicando l’immagine della marca e perdendo l’opportunità di rafforzare il rapporto con il consumatore grazie ad una buona gestione di una situazione critica.

(to be continued….)

Written by Marco Cimino

septiembre 29, 2010 at 9:50 am

Web 2.0, una moda o un’opportunitá per le aziende? (Parte 1)

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[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Il mondo sta cambiando, le persone non relazionano piú per “dislocazione geografica” ma iniziano a crearsi gruppi sociali legati da interessi comuni. Internet, la facilitá di collegamento, la velocitá di propagazione e la “memoria” della rete obbligano le aziende quantomeno a “capirne” i meccanismi per decidere se unirsi al “movimento 2.0” o aspettare il prossimo turno.

Web 2.0, una moda o un’opportunitá per le aziende?” é un workshop che sto preparando per fine ottobre, in Italia, che affronta la realtá dei Social Media dal punto di vista aziendale, indicandone i meccanismi e cercando di proporzionare ai partecipanti gli elementi necessari per poter decidere se effettivamente si tratta di un’opportunitá per incrementare le vendite, migliorare il posizionamento e la reputazione di una marca, migliorare il servizio al cliente o semplicemente di una moda passeggera destinata a dissolversi nel nulla.

Il seminario affronta, con esempi pratici di cosa fare e cosa non fare, come costruire una marca in Internet, come definire una strategia Online, come creare un Social Media Plan, come disegnare e posizionare correttamente una web, come creare contenuti utili per i nostri clienti, come creare l’identitá digitale di un’azienda, il ruolo del Community Manager.

A continuazione pubblicheró, mano a mano che preparo il materiale per il workshop, una serie di post sull’argomento, sperando che siano interessanti ed invitandovi a partecipare e commentare il modo da arricchire i contenuti e le opinioni.

Definizione: che cosa é il web 2.0?

Per definire il web 2.0 utilizziamo uno degli elementi 2.0 per eccellenza: wikipedia

Il Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto alla condizione precedente. Si tende ad indicare come Web 2.0 l’insieme di quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente e la partecipazione di altri utenti (blog, forum, chat, sistemi quali Wikipedia, Youtube, Facebook, Myspace, Twitter, Gmail, WordPress, Tripadvisor ecc.).

La definizione pone l’accento sulle differenze rispetto al cosiddetto Web 1.0, diffuso fino agli anni novanta, e composto prevalentemente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione con l’utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l’uso delle email e l’uso dei motori di ricerca.

Il web 2.0 nasce nel momento in cui si permette al consumatore la creazione e distribuzione di contenuti dinamici, grazie all’uso di nuove tecnologie quali i blog, le wiki, youtube, ecc.

Pero il fenomeno 2.0 é soprattutto un fenomeno sociale: storicamente le persone si sono relazionate tra loro in base alla loro ubicazione geografica (parenti,amici, conoscenti, il vicino..ecc), grazie ad internet le persone cominciano a stringere rapporti basati su affinitá ed interessi comuni (appartenere ad un gruppo di fanatici di una marca come Lego, appassionati per la montagna o i viaggi, tifosi del Los Angeles Lakers, ecc).

All’interno del fenomeno 2.0 distinguiamo diversi profili di persone in base al loro livello di contribuzione .

Secondo Forrester, in uno studio del fenomeno delle reti sociali che é alla base del libro “il mondo Groundswell”, esistono diversi gradi di partecipazione che possiamo definire Profilo SocioTecnografico  (creatori, critici, catalogatori, profili sociali, spettatori ed inattivi).

Il movimento 2.0 é ampliamente descritto nel libro “The Cluetrain Manifesto”, scritto piu di 10 anni fa ma oggi ancora attualissimo, che si compone di 95 tesi (organizzate come un manifesto o invito all’azione), per tutte le imprese che operano all’interno di ciò che si propone di essere un nuovo mercato interconnesso. Le idee presentate, con l’obiettivo esplicito di esaminare l’impatto di Internet sia sui mercati (i consumatori) sia sulle organizzazioni. Inoltre, mentre i consumatori e le organizzazioni sono in grado di utilizzare Internet e Intranet per stabilire un livello di comunicazione  precedentemente non disponibile tra questi due gruppi ed all’interno di essi, il manifesto suggerisce i cambiamenti che saranno richiesti da parte delle organizzazioni per rispondere all’ambiente del nuovo mercato.

Gli autori affermano che Internet è diversa dai media tradizionali utilizzati per il marketing  di massa in quanto consente alle persone di avere delle conversazioni di tipo «uomo a uomo», e potenzialmente queste possono trasformare in modo radicale le pratiche commerciali tradizionali.

Alcuni esempi

Tesi 1-6: i mercati sono conversazioni

Storicamente, affermano gli autori, il mercato era un luogo in cui persone si riunivano e parlavano tra loro (tesi 1): potevano discutere dei prodotti disponibili, del prezzo, della reputazione e in tal modo si tenevano in contatto con gli altri (tesi 2-5). Gli autori quindi affermano che Internet fornisce un mezzo per chiunque sia connesso a Internet per rientrare in un siffatto mercato virtuale e, ancora una volta, raggiungere un tale livello di comunicazione tra le persone. Questo, nell’era dei mass media, prima di Internet, non era possibile (tesi 6).

Tesi 8-13: Collegamento tra i nuovi mercati e le imprese

La stessa tecnologia che collega le persone nei mercati al di fuori delle organizzazioni, sta connettendo anche i lavoratori all’interno delle organizzazioni stesse (tesi 8). Gli autori suggeriscono che queste reti, attraverso le conversazioni in atto, creano un mercato ed un consumatore più informati (tesi 9). L’informazione disponibile sul mercato è superiore a quella a disposizione delle organizzazioni stesse (tesi 10-12).

Attraverso la tesi rimanenti, quindi, gli autori esaminano l’impatto che tali grandi cambiamenti avranno sulle organizzazioni e come, a loro volta, le organizzazioni dovranno rispondere all’evoluzione del mercato per rimanere vitali.

Per il ‘Cluetrain Manifesto’ era fondamentale la premessa che Internet ha fornito un forum nuovo e unico per la comunicazione, cosa che potrebbe mutare definitivamente la natura della comunicazione d’impresa e del marketing. In sostanza, il cambiamento fondamentale per questo testo consiste nell’abbattere le barriere aziendali e dare vita ad una conversazione tra coloro che sono all’interno e chi è al di fuori di una azienda -il marketing online sarebbe più vicino al mantenimento di conversazioni con le persone piuttosto che una trasmissione di tipo broadcast di mezze verità sui prodotti e sui servizi.

Meccanismi que regolano il web 2.0

Le ragioni che spingono le persone a partecipare nelle reti sociali possono essere sostanzialmente diversi. Ogni profilo sociotecnografico risponde a motivazioni diverse e ogni rete sociale può favorire determinati impulsi rispetto agli altri.

Le persone che rispondono al profilo di “creatori”, quindi abituate a generare contenuti in un blog o impulsare conversazione su twitter, sono spinte dalla possibilità di esprimersi e di ricevere feedback positivo da altri individui. Il riconoscimento della comunità per i contenuti generati costituisce per loro una ricompensa.

Un altro stimolo potrebbe essere la riconoscenza. Una persona, dopo aver sperimentato l’utilità di un sito web, potrebbe sentire la necessità di partecipare come segno di riconoscenza per l’aiuto ricevuto. È il caso dei commenti a un prodotto o un servizio, il sistema di voto di alberghi e ristoranti o la raccomandazione di un articolo interessante in un portale di notizie.

Altre ragioni possono essere il mantenere il contatto con i nostri amici, conoscere nuove persone o semplicemente condividere una passione con altre persone affini a noi.

Ognuno può essere stimolato da motivazioni diverse, ed incluso la stessa persona può rispondere a stimoli diversi a seconda della rete in cui si muova o dello stato d’animo del momento.

In ogni caso, alla base di tutto ciò, sempre ritroviamo la nostra necessità di essere “animali sociali” e quindi di connetterci con gli altri.

Written by Marco Cimino

septiembre 19, 2010 at 2:55 am

Tutto il resto é in prestito

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Avete mai pensato di regalare 1kg. di amore, 365 abbracci o 1 milione di coccole? Dal 1 di dicembre al 5 di gennaio a Barcellona é possibile grazie ad una stupenda iniziativa degli amici di http://www.todolodemasesprestado.org

Un negozio in pieno centro di Barcellona (in Paseo de Gracia, presso le gallerie commerciali Boulevard Rosa) vende delle confezioni di amore, abbracci, coccole ed altri gesti d’affetto per contribuire al programma cuida’m dell’ospedale infantile Sant Joan de Déu che raccoglie fondi per offrire assistenza sanitaria a bambini che vivono in paesi in via di sviluppo.

É una iniziativa, come spiegano gli organizzatori, di tutti e di nessuno. Grazie infatti ad una sorta di «catena di favori» é stato possibile organizzare la campagna, disegnare le confezioni e finalmente disporre del locale per la vendita. Un gruppo di volontari si presta per spiegare agli incuriositi che si avvicinano al negozio in cosa consiste l’iniziativa.

Scatole di cartone «marrone», di diverse misure, ognuna con l’indicazione del contenuto (baci, abbracci, amore, coccole) e le instruzioni d’uso. Sulla confezione, inoltre, é ben indicato che a prima vista é possibile che non si veda il contenuto. Pero prestando attenzione é facilmente riconoscibile che le scatole sono piene di solidarietá.

Una solidarietá che i volontari presenti nel punto vendita sono capaci di contagiare alle persone che si avvicinano incuriosite ad ascoltare le loro spiegazioni.

Se passate per Barcellona questo Natale, non perdete l’occasione di avvicinarvi al Boulevard Rosa per regalare ai vostri amici un piccolo gesto di affetto!

Potete anche dar supporto all’iniziativa appoggiando il gruppo in Facebook.

Llegué al mundo sin nada, me iré del mundo sin nada. Todo lo demás es prestado. Excepto el amor

Written by Marco Cimino

diciembre 7, 2009 at 10:42 am

Il mondo 1.0

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prehistoriaHo letto con tristezza una notizia apparsa ieri sulla stampa spagnola: (El Mundo): più della metà delle società statunitensi veta l’uso Facebook e Twitter. (+)

Secondo uno studio pubblicato da Robert Half Technology Consultant più della metà delle aziende statunitensi hanno bloccato l’accesso a reti sociali come Facebook o Twitter. Lo studio intervista circa 1.400 aziende con più di 100 dipendenti negli Stati Uniti.

Questa politica è abbastanza comune nei luoghi di lavoro e non solo nel settore privato. Il comune della città di Zurigo ha segnalato lo scorso settembre, che avrebbe posto il veto sull’uso di tutte le reti sociali durante l’orario di lavoro. Il loro obiettivo, la riduzione dei 3,36 milioni di visite al mese, realizzate dai funzionari comunali.

Tristezza perché mi rendo conto che il 50% di imprenditori e dirigenti d’azienda confondono la produttività con le ore di presenza al lavoro.

Ma ancora più triste perché vedo che il 50% dei lavoratori dipendenti delle aziende non fanno nulla per convincerli del contrario: le ore di presenza in un ufficio non hanno nulla a che fare con i risultati dell’azienda!

Una frase di Elvis Presley, raccolta nel Cluetrain Manifesto, cita testualmente: “We can’t go on together with suspicious mind” (Non possiamo andare avanti insieme se sospettiamo l’uno dell’altro).

Come noi (datori di lavoro) possiamo delegare l’esecuzione del nostro modello di business a una serie di collaboratori del quali non ci fidiamo?

Come noi (i lavoratori) possiamo presentarci al lavoro sapendo che la nostra azienda non si fida di noi?

Sia gli uni che gli altri stiamo accettando un modello basato sulla diffidenza reciproca che premia unicamente gli interessi personali di ognuno (datore di lavoro e lavoratore), indipendentemente da ciò che il buon senso dovrebbe farci riflettere:

Un insieme di persone lavorano in modo efficace per creare ricchezza per l’azienda che reinveste una parte dei suoi utili a migliorare le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti. È un modello win-win basato sulla fiducia reciproca che si misura sulla base dei risultati, non sulla base delle ore di presenza dei dipendenti negli uffici.

In questo caso non è solo la diffidenza dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori, ma anche la mancanza di «visione» dei lavoratori (mi riferisco al caso dei dipendenti del comune di Zurigo), che, senza moderazione alcuna, son capaci di generare 3,36 milioni di visite mensili a reti sociali, senza preoccuparsi se questo potrebbe alimentare la sfiducia degli organismi di gestione. Come in tutti i casi, gli estremi sono controproducenti, e per colpa degli estremi, a volte per ogni passo avanti ne facciamo tre indietro.

L’altra questione è la mancanza di fiducia delle aziende verso le reti sociali come meccanismo di comunicazione. Il fatto che ci siano aziende che sono disposte a rinunciare alla sua presenza nelle reti per il timore di una presunta scarsa efficienza dei loro dipendenti dimostra che la mentalità in generale, è ancora lontana da ciò che immaginiamo quelli che la pensano diversamente.

Vero, le reti a volte sono una distrazione per la gente. Ma dobbiamo valutare il valore dell’enormità di informazioni a nostra disposizione, la capacità di collegarci in tempo reale alle persone e alle fonti di informazione che possono facilitare il nostro lavoro quotidiano. Compresa la possibilità di avvicinarci ai nostri clienti ed ascoltare le loro esigenze in modo diretto, senza intermediari.

Dobbiamo correre il rischio che ci siano persone che si possano approfittare della situazione, ma forse dedichiamo il nostro tempo a cronometrare i minuti alla macchina del caffè?

Ed infine, una frase di un uomo che mi ha insegnato a camminare: Se volete qualcosa, dimostrate di meritarlo. Otterrete il doppio!

Written by Marco Cimino

octubre 20, 2009 at 9:34 am

C’era una volta l’Aptrix

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Fedele alla sua politica di acquisizione di prodotti,IBM comprò nel mese di luglio del 2003 la azienda australiana Presence Online, creatrice di una soluzione di gestione contenuti web costruita sulla piattaforma Lotus Domino: Aptrix

Questa azione da parte dell’IBM era necessaria per riempire le mancanze della piattaforma «regina», IBM WebSphere Portal Server, che fino alla data disponeva di molte funzioni di collaborazione (Lotus) e di gestione documentale generiche (DB2 Content Manager), pero che dal punto di vista della gestione dei contenuti web usava un modulo molto rigido e complesso: WebSphere Content Pubblisher.

L’ acquisto di Aptrix e lo sviluppo di una prime versione Java del prodotto, riposizionava il prodotto dell’IBM come una delle soluzioni più complete per lo sviluppo di portali web orizzontali (multipurpose). Una soluzione middleware robusta e scalabile, moduli di collaborazione integrati, gestione documentale e, grazie all’adozione del nuovo «aptrix», con un modulo di gestione de contenuti web molto potente e semplice da usare.

Attualmente la versione 6.1 di IBM Workplace Web Content Management è un prodotto robusto e completo con la capacità di far fronte ai migliori player del mercado del web content management.

Gli aspetti principali, riassumendo:

Filosofia molto semplice: tutto il funzionamento si basa sul concetto della separazione del layer di visualizzazione dal layer dei contenuti a visualizzare.

Questo concetto è la base per percepire il grande potenziale del prodotto: se separiamo nettamente i dati dal formato della presentazione, sarà facile immaginare che siamo perfettamente in grado di riutilizzare l’informazione (i contenuti) in diversi formati, utilizzando canali diversi, come ad esempio aree diverse della nostra web o in formato PDF per la stampa o in formato ridotto per un accesso via PDA o iPhone.

L’informazione sarà la stessa pero la sua presentazione sarà perfettamente adattabile alle necessità ed al contesto.
Questa separazione sarà utile anche per adattare il contenuto al «look and feel» del «continente», ovviando ai problemi di incoerenza dei contenuti rispetto all’immagine generale del site.

Altre caratteristiche:

  • Componenti riutilizzabili
  • Layer di visualizzazione totalmente programmabile in HTML, Javascript, FLASH
  • Edit in line dei contenuti
  • Personalizzazione dei template di edizione dei contenuti
  • Supporto multilingua
  • Categorizzazione, etichette
  • Link simbolici agli oggetti riutilizzabili
  • Capacità di integrazione di portlet es applicazioni esterne

Completano le funzioni tutti gli strumenti necessari per gestire il ciclo di vita dei contenuti web (sicurezza, workflow di pubblicazione, pubblicazione e scadenza automatica dei contenuti) ed i moduli capaci di sincronizzare (syndication) diversi server per gestire installazioni complesse o dipartimentali.
Clustering, supporto di diversi tipi di database (DB2, Oracle, SQL Server) e capacità di integrazione dei prodotti di gestione documentale di IBM (Filenet, Content Manager).

In conclusione, un prodotto completo, per nulla complesso e con una relazione prezzo / prestazioni veramente equilibrata

Se volete vedere qualche esempio di websites realizzati con Aptrix, scusate.. WCM!

http://www.damm.es

http://www.torreschile.com/

http://www.mgs.es

http://www.sowre.es 🙂

http://www.genebre.es

http://www.adigsa.cat

Written by Marco Cimino

octubre 16, 2009 at 9:30 am

Grazie Nick!

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Ieri sera, guardando un programma televisivo ho avuto la fortuna di scoprire Nick Vujicic e di conoscere la sua storia.

Una storia di forza estrema, perseveranza, capacità di adattazione all’ambiente ed alle circostanze, per assurde e terribili esse siano.

Una storia che non ha bisogno di parole.

Grazie Nick!

Written by Marco Cimino

octubre 15, 2009 at 9:30 am

Impariamo partecipando

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Oggi vi segnalo un’interessante iniziativa nata in Spagna negli ultimi mesi: The Monday Reading Club.

Da una idea originale di Tristán Elosegui, responsabile di marketing on-line di Canal+ , un gruppo di persone legate al mondo del marketing ed assidui utenti di Twitter si ritrovano il primo lunedì di ogni mese per parlare di un libro, con l’obiettivo  no tanto di giudicarne i contenuti quanto di condividere i concetti con il pubblico e con gli esperti dell’argomento che vengono di volta in volta invitati.

L’idea si materializzò inizialmente a Madrid (città che prossimamente celebrerà la quinta edizione), ed in poco tempo si è estesa al altre città della geografia Spagnola come Barcellona,  Valencia, Siviglia, Bilbao e Saragozza.

Il gruppo di Barcellona, con il quale sto collaborando, sta preparando il prossimo incontro previsto per il 2 di novembre, nel quale si parlerà dell’ «Economia Long Tail» di Chris Anderson, il libro nato dall’omonimo articolo pubblicato nel 2004 su  Wired Magazine dall’autore che analizza alcuni modelli economici e commerciali, come ad esempio Amazon.com o Netflix.

Altre edizioni del Monday Reading Club hanno visto come protagonisti «The Cluetrain Manifesto«, la pietra miliare del movimento web 2.0 e «Iníciate nel marketing 2.0» degli amici Enrique Burgos e Marc Cortés, una guida indispensabile per entrare poco a poco nel mondo del marketing 2.0.

http://themondayreadingclub.com/

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un'immagine della sessione di Settembre

Written by Marco Cimino

octubre 13, 2009 at 9:05 am

Ricomincio da tre

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«Ricomincio da tre»

Molte sono le ragioni per le quali mi decido a scrivere anche in Italiano: un recente dibattito in una riunione a scuola dei miei figli, alcuni amici e amiche delle scuole medie ritrovati grazie all’aiuto di Facebook, alcuni post interessanti trovati negli ultimi giorni.

Pero nel fondo la ragione principale sta nel fatto che sono arrivato alla metà! A punto di compiere 45 anni mi rendo conto che ormai la metà della mia vita l’ho trascorsa a Barcellona.

Fino a quest’anno il mio subcosciente «italiano» sapeva di avere ancora un po di vantaggio rispetto alle mie «lingue adottive» (Catalano e Castigliano). Il vantaggio che marca il tempo: Nato in Italia e vissuto la maggior parte della mia vita in Italia! Pero a partire da questo momento non sarà più così!

Dovrà rassegnarsi a convivere con una realtà diversa: 2 lingue che ormai hanno la stessa forza e presenza, tradizioni acquisite che dissolvono poco a poco i ricordi dell’infanzia e la consapevolezza che «ormai» non c’è più nulla da fare. Termineremo (il mio subcosciente ed io) i nostri giorni (speriamo che siano mooooolti) qui, in terra straniera!

Per questa ragione, principalmente, e con l’obbiettivo di alleviare la tensione, ho deciso di dedicare di tanto in tanto (pero con una certa costanza) un po di tempo per scrivere nel mio blog anche in Italiano. Così lui, il subcosciente, potrà star tranquillo. Sempre sussisterà un angolo nel quale ritrovare le mie origini.

Ricominciare da zero sarebbe stato come ammettere un certo «oblio» della lingua Italiana, sarebbe stato come dar la ragione a lui, il subcosciente, ed ammettere la sconfitta!

Per questo ho deciso di ricominciare da 3!

Written by Marco Cimino

octubre 12, 2009 at 10:16 pm

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