Archive for septiembre 2010
Alguien tenía que decirlo
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No acostumbro a comentar en este blog estos temas, pero no pude evitar reflexionar sobre las declaraciones de algunos representantes sindicales que ayer por la noche salieron «retratados» en el telediario, que indicaban que la huelga había tenido un «éxito total y absoluto».
Me pregunto en que parte de la quema de una coche de policía reside el éxito, o cómo de exitoso es tirar huevos e insultar a un conductor de autobús llamado a cubrir los servicios mínimos. Y también si el éxito al tirar una piedra contra una furgoneta está en saber levantar con una mano sola 3 kilos o bien en acertar el blanco a 5 metros de distancia? Y si puede ser considerado todo un éxito el insultar una persona que pretende abrir su establecimiento, el mismo que le permite ganarse la vida dignamente, en un día de huelga.
¿Efectos Colaterales? Colaterales a qué? A querer seguir un modelo, el de lo sindicatos, que se empeña a olvidar que existe una cosa que se llama Europa que, entre otras cosas, marca las reglas del juego de la economía y del mercado laboral más allá de la capacidad política local?
Y que quizás deberíamos mirar adelante en lugar de querer seguir identificándonos (con todos mis respetos) con Grecia, Portugal y para que no se me tache de racista le añado Italia?
Y que basta ya de querer necesariamente utilizar la política en todo, estamos hablando de economía y competitividad de un país.
Disculpad, alguien tenía que decirlo.
Written by Marco Cimino
septiembre 30, 2010 at 8:45 am
Publicado en 1 desde Barcelona, personal, Politica, reflexiono
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Web 2.0, una moda o un’opportunità per le aziende? (Parte 2)
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Da dove cominciamo? Per disegnare una strategia efficace di partecipazione nei social media è necessario conoscere i tipi di reti sociali esistenti, la “popolazione” presente in ogni rete e l’uso principale a cui è destinata. In base a questi fattori possiamo decidere, per esempio, se la “popolazione” della rete o il suo uso principale non rispondono al nostro target ed al nostro obbiettivo, e quindi non sono interessanti dal nostro punto di vista.
In ogni caso, il consiglio è che comunque sia realizzata attività di monitorizzazione della nostra marca a prescindere dalla rete utilizzata.
Anche se sicuramente le principali piattaforme sociali saranno più che conosciute, facciamo un breve ripasso delle principali.
Creata da Mark Zuckemberg nel 2004, attualmente è la rete più frequentata (a luglio del 2010 registrava più di 500 milioni di persone) ed è tradotta in 70 lingue.
Le persone in facebook si organizzano in base a circoli di amicizia, per condividere fotografie, mandarsi messaggi, links, video.
Pur essendo una rete sociale “personale” (per cui le persone che partecipano lo fanno principalmente a titolo personale e nei loro momenti di ozio) , può risultare interessante per promuovere una marca, creare gruppi di fans di una marca, organizzare giochi e concorsi a premi, dare una certa visibilità a prodotti soprattutto destinati al consumatore finale, e permette di generare un certo traffico a pagine esterne grazie all’uso del bottone “share on facebook”
Attraverso l’uso di una pagina ufficiale è possibile mandare un messaggio a tutti i “fan”, pubblicare applicativi e raccogliere statistiche d’uso per verificare l’efficacia delle azioni realizzate. La possibilità di “targettizzare” le attività su Facebook (decidendo per esempio l’etá, il sesso, l’ubicazione geografica) incrementa l’efficacia delle azioni di marketing.
Il profilo delle persone che utilizzano facebook in Europa, secondo uno studio di O’Reilly Radar di agosto del 2009, risponde basicamente a persone tra i 18 e i 34 anni (con un 70%), mentre l’incremento maggiore si riscontra tra le persone di 55-65 anni (45-54 +61%, 55-59 +88%, 60-65 +104%). La proporzione tra i sessi invece è equilibrata al 50%.
Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri (inizialmente per rispondere a la domanda “cosa stai facendo?”). Gli aggiornamenti possono essere effettuati tramite il sito stesso, via SMS, con programmi di messaggistica istantanea, e-mail, oppure tramite varie applicazioni basate sulle API di Twitter. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco.
Le persone che partecipano in Twitter si organizzano in gruppi con affinità comuni, intercambiando messaggi tra di loro, contribuendo con la creazione di contenuti interessanti, condividendo informazioni e creando rapporti, que a volte proseguono al di là delle reti stesse, per arrivare a veri e propri eventi. Come esempi citiamo Cava & Twitts (incontro con periodicità mensile per trattare temi legati al marketing, la pubblicità, televisione e social media) che arriva al suo secondo anno di vita, Eats & Twitts (evento periodico di networking) o il The Monday Reading Club, evento dedicato alla discussione di libri di marketing online che si celebra il primo lunedì di ogni mese, in contemporanea, in 10 cittá Spagnole.
Twitter, con rispetto a Facebook, è una rete sociale di carattere più professionale, utile per monitorare “keywords” legate alla nostra attivitá professionale; permette una certa visibilità per la marca ma soprattutto permette la generazione di “dialogo” tra la marca ed i consumatori.
LinkedIn è un servizio di social networking in rete impiegato principalmente per la rete professionale. Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Le persone nella lista sono definite «connessioni», ed esse sono in effetti le connessioni di un nodo (l’utente) all’interno della rete sociale. L’utente può incrementare il numero delle sue connessioni invitando chi di suo gradimento.
La rete di LinkedIn a Gennaio 2009 contava circa 30 milioni di utenti in America del Nord, Asia e Europa e cresce a una velocità di 100.000 iscritti a settimana.
Interessante rete sociale legata all’ambito professionale, ha un potenziale interessante per aiutare a posizionare le persone come “esperti in materia”. Attraverso i gruppi è possibile dare certa visibilità a una marca e facilitare il networking tra le persone.
Foursquare è un social network basato sulla geolocalizzazione disponibile tramite web e applicazioni per dispositivi mobili. Gli utenti eseguono il check-in tramite la versione browser del sito o attraverso applicazioni su dispositivi che utilizzano il GPS. I check-in sono retribuiti con punti e talvolta con dei «badge». Il servizio è stato creato da Dennis Crowley e Naveen Selvadurai; Crowley aveva precedentemente creato un progetto simile dal nome Dodgeball, che è stato comprato da Google nel 2005 e messo offline nel 2009. Il 1 Settembre 2010 l’azienda ha vinto il premio Technology Pioneer al World Economic Forum.
A Settembre 2010 è stata lanciata la versione 2.0 che aiuta gli utenti a scoprire nuovi luoghi ed attività oltre a condividere la propria posizione come già avveniva nelle versioni precedenti. Le due liste, cose da fare e suggerimenti, sono state separate e messe in evidenza per aumentarne l’usabilità. E stato inoltre aggiunto un tasto per aggiungere più facilmente un luogo alla lista delle cose da fare. A partire da questa versione l’applicazione ricorda inoltre all’utente le cose da fare che si trovano nelle sue immediate vicinanze. Applicazioni di terze parti come quelle di The New York Times, Wall Street Journal e Zagat hanno aggiunto il tasto «Add to my Foursquare» che permette di aggiungere determinati luoghi alla propria lista di cose da fare.
Anche se non si conosce esattamente la composizione della popolazione di Foursquare, la rete sociale presenta un potenziale interessante per quanto riguarda la visibilità e promozione di una marca. In questo caso la geolocalizzazione permette, ad esempio, informare le persone che fanno check-in in un determinato posto l’esistenza di offerte e promozioni nei punti vendita della zona o per esempio la possibilità di usufruire di tariffe speciali in alberghi e ristoranti vicini.
La funzione “sociale” è rappresentata dai possibili commenti e raccomandazioni degli utenti che hanno visitato il posto in precedenza.
Sito per la condivisione di video. Nato nel febbraio del 2005 è il terzo sito più visitato dopo Google y Facebook.
Eccellente canale informativo e formativo ha un grande potenziale in quanto a “viralitá” dei messaggi, grazie all’uso del video.
Altre iniziative 2.0
Il blog è uno degli strumenti di dialogo e partecipazione per eccellenza. Usato a livello aziendale, per esempio dando voce agli specialisti o alle figure chiave, permettono la creazione di veri e propri canali di comunicazione bidirezionali tra la marca ed i consumatori. Sono altrettanto importanti per impulsare la filosofia 2.0 all’interno delle aziende e di gestire il talento aziendale attraverso delle reti di contatti non gerarchizzate.
RSS (Really Simple Syndication ) e i relativi tool di consolidazione e lettura costituiscono una scelta interessante alla distribuzione d’informazione. L’applicazione principale per cui è noto sono i feed RSS, che permettono di essere aggiornati su nuovi articoli o commenti pubblicati nei siti di interesse senza doverli visitare manualmente uno a uno.
Social Bookmarking (delicious, digg-it ed altri) sono siti che permettono all’utente di catalogare e memorizzare le risorse di internet (pagine, documenti, ecc), condividendo questi indici con altre persone.
In un sistema di social bookmarking gli utenti registrano un catalogo di risorse Internet ritenute utili ed interessanti. Sovente questi elenchi sono pubblicamente accessibili e altre persone con analoghi interessi possono visionarli, casualmente o suddivisi per categorie. Alcuni sistemi di social bookmarking salvaguardano la privacy, consentendo la registrazione di segnalibri in forma anonima, e quindi non associati ad un utente.
La categorizzazione delle risorse avviene per mezzo di «parole chiave» (tag) liberamente e informalmente scelte dall’utente (Folksonomia). La maggioranza dei servizi di social bookmarking permette agli utenti la ricerca di segnalibri associati a determinate etichette (tag), oltre all’ordinamento delle singole risorse Internet in base al numero delle segnalazioni.
É necessario che la mia azienda partecipi su internet e nelle reti sociali?
Assolutamente no! La presenza sui social media deve essere una scelta aziendale da valutare con attenzione, in quanto suppone non tanto una scelta di tipo tecnologico ma appunto sociale, obbligando l’azienda a portare a termine un processo di “adeguamento” della filosofia aziendale e dei meccanismi di comunicazione dell’azienda.
In ogni caso, a prescindere dal nostro grado di partecipazione, bisogna tener presente che a effetti di reputazione della marca, oggigiorno la nostra azienda non è quello che noi trasmettiamo al mercato attraverso la pubblicità ed il marketing tradizionale ma, spesso, quello che i nostro consumatori dicono di noi. E quindi crediamo che, anche se non in modo partecipativo, sia ormai obbligatorio monitorare le reti per capire se il messaggio che stiamo trasmettendo al mercato è recepito nel modo corretto.
Il primo passo è valutare se le reti sociali realmente rappresentano un’opportunità per la nostra marca o il nostro prodotto, determinando in quali reti risiede il nostro “pubblico obbiettivo”. Se non siamo in grado di determinare se realmente il nostro target risiede su qualche social media, probabilmente non valga la pena investire le risorse necessarie per partecipare.
Il secondo passo è sicuramente valutare se, come azienda, siamo in grado di accettare le regole della comunicazione 2.0:
– Ascoltare prima, parlare poi
– Generare conversazioni, comunicazione bidirezionale con il mercato
– Condividere, co-creare
– Non pensare alle vendite, ma pensare a come aiutare i nostri clienti
– Non pretendere di essere infallibili, ma SEMPRE riconoscere i nostri errori
Regole, che probabilmente suppongano un cambiamento importante nella filosofia dell’azienda e che comunque deve essere esteso a tutta l’azienda stessa. Risulterà molto piú credibile il messaggio se tutta la nostra organizzazione, dalla direzione generale all’ultimo impiegato, dimostra maggior interesse nel trovare nuovi modi per aiutare i nostri clienti che in incrementare il volume delle vendite dell’azienda.
Per questa ragione, a volte, l’ingresso nel mondo del social media rappresenta un vero e proprio cambio culturale che ha il suo riflesso anche nella filosofia dell’azienda nel mondo “reale”.
Cosa fare e cosa non fare
Un esempio interessante di un’azienda che agisce secondo la filosofia 2.0 è il caso di Pastas Gallo, l’azienda di produzione di pasta leader del mercato spagnolo.
Il 29 maggio 2007 Abel, un informatico di Barcellona di 29 anni, scrisse una lettera all’azienda per denunciare la mancanza di alcune lettere (la U e la W) nel pacchetti di pasta a forma di lettere dell’alfabeto, così famosa tra i più piccini. Abel creò un blog per parlare della sua rivendicazione e chiese l’aiuto alla comunità di bloggers per diffondere la sua protesta.
L’azienda rispose prontamente alla lettera, assumendo il fatto e giustificando la difficoltà di produrre la U e la W per colpa della difficoltà di creare gli stampi adeguati per tali lettere. In ogni caso l’azienda invitava Abel a visitare il centro di produzione per capire con più precisione il problema e prometteva, in una lettera che accompagnava una cesta di prodotti regalo, che avrebbero studiato il problema per cercare una soluzione.
Il blog di Abel ebbe molto successo, ne parlarono stampa e radio, invitando Abel a partecipare a programmi radiofonici.
Il 30 ottobre 2007 una lettera annunciava a Abel la disponibilità delle lettere U e W, indicando che erano state aggiunte anche la Ñ e la @ completando in questo modi tutto l’alfabeto spagnolo e dando la possibilità di scrivere indirizzi email J
Il 13 novembre del 2007 Abel ringraziava pubblicamente nel suo blog Pastas Gallo per aver raccolto la sua richiesta e aggiunto le lettere che mancavano.
Pastas Gallo dimostrò in quell’occasione di essere capace di ascoltare i consumatori e, grazie alle loro indicazioni, di migliorare il prodotto. È evidente che il beneficio a livello di reputazione della marca sia stato enorme; un bell’esempio di come approfittare una situazione potenzialmente negativa per convertirla in positiva.
Un caso di “cattiva gestione del social media” è quello della multinazionale Nestlé e della sua pagina de facebook. Tutto cominciò il 17 di marzo 2010, quando Greenpeace denunciò che Nestlé utilizzava olio di palma proveniente dall’Indonesia per l’elaborazione del suo prodotto Kit-Kat. La materia prima veniva estratta dalle foreste dell’Indonesia, dove vive una specie protetta di orangután, provocando la deforestazione e la distruzione dell’habitat naturale di questa specie.
Nestlè negò le accuse ed obbligò al ritiro di un video denuncia pubblicato su You Tube, e cancellò i commenti negativi pubblicati sulla loro pagina di Facebook, provocando giustamente l’effetto contrario: aumentarono i messaggi di protesta sul muro di Facebook e si pubblicarono immagini della marca con associata la parola “Killer”.
L’azienda non fu capace di reagire a tempo comprendendo i meccanismi dei social media, pregiudicando l’immagine della marca e perdendo l’opportunità di rafforzare il rapporto con il consumatore grazie ad una buona gestione di una situazione critica.
(to be continued….)
Written by Marco Cimino
septiembre 29, 2010 at 9:50 am
Publicado en 2 "Reflexiones" in Italiano, Reti sociali
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Web 2.0, una moda o una oportunidad para las empresas? (Parte 1)
[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Está claro, el mundo está cambiando. Las personas ya no se relacionan únicamente en base a su “ubicación geográfica” sino que estamos asistiendo al nacimiento de nuevos grupos sociales basados en intereses comunes y afinidades. Internet, la facilidad de conexión, la velocidad, la memoria de la red, obligan a las empresas a entender los mecanismos de este nuevo paradigma social para decidir si quieren participar o, por el contrario, esperar el próximo turno.
“Web 2.0, una moda una oportunidad para las empresas” es un workshop que estoy preparando para finales de octubre, en Italia, que hablará de la realidad de las redes sociales desde la perspectiva de las empresas (sobretodo pequeñas y medianas), intentará explicar sus mecanismos y sus normas, con el objetivo de proporcionar a los asistentes los elementos para poder decidir si participar activamente o simplemente quedarse a la espera de un próximo fenómeno de la red de redes.
Este seminario afrontará los diferentes aspectos, con ejemplos y ejercicios prácticos, relacionados con la creación y posicionamiento de una marca en Internet, cómo definir una estrategia Online, cómo definir un Social Media Plan, cual es la función de un Community Manager y cómo crear la identidad digital de una empresa.
Voy a compartir, mientras preparo los contenidos de este evento, todo el material en este blog y os invito a participar, opinar y en definitiva a ayudarme a recopilar con el máximo rigor posible toda la información. Un verdadero trabajo colaborativo que sirva como ejemplo del poder de la web 2.0 🙂
Pero qué es exactamente la web 2.0?
Busquemos en Wikipedia!
El término Web 2.0 (2004–presente) esta comúnmente asociado con un fenómeno social, basado en la interacción que se logra a partir de diferentes aplicaciones web, que facilitan el compartir información, la interoperabilidad, el diseño centrado en el usuario y la colaboración en la World Wide Web.
Ejemplos de la Web 2.0 son las comunidades web, los servicios de red social, los servicios de alojamiento de videos, las wikis, blogs, mashups y folcsonomías. Un sitio Web 2.0 permite a sus usuarios interactuar con otros usuarios o cambiar contenido del sitio web, en contraste a sitios web no-interactivos donde los usuarios se limitan a la visualización pasiva de información que se les proporciona.
Se trata de un fenómeno social (facilitado por la tecnología, eso sí pero no deja de ser algo relacionado con las personas, la sociedad y la manera en que nos relacionamos con los demás) que amplía los vínculos tradicionales (basados en la geografía, la proximidad, el parentesco) a nuevas comunidades basadas en afinidades e intereses comunes (los fanáticos de Lego, los seguidores de Los Angeles Lakers, etc.).
Según Forrester, en un estudio que está a la base del libro “el mundo Groundswell”, podemos clasificar a los distintos participantes al movimiento 2.0 en base a su nivel de contribución, creando así lo que ellos definen el Perfil Sociotecnográfico (creadores, críticos, catalogadores, sociales, espectadores e inactivos). Cada uno de estos perfiles responde a un comportamiento en las redes y nos ayudan a entender los diferentes mecanismos que impulsan la participación y el proceso de creación de contenidos.
Otra fuente que nos ayuda a entender este fenómeno es el Manifiesto Cluetrain, un libro escrito hace más de 10 años, y que mantiene su absoluta actualidad, compuesto por 95 tesis que definen un nuevo mercado interconectado y basado en la “conversación”. Las ideas descritas en el libro están dirigidas tanto hacia el mercado como hacia la propia organización interna, queriendo demostrar que la conexión y la transparencia entre estos dos “ecosistemas” (el mercado y nuestros empleados) facilita un nivel de comunicación nunca alcanzado hasta el momento.
Los autores defienden la tesis de que Internet es diferentes de los medios utilizados hasta el momento, ya que facilita la conversación entre individuos (de individuo a individuo), pudiendo transformar las relaciones comerciales de una forma radical.
Algunos ejemplos:
Tesis 1-6: los mercados son conversaciones.
Históricamente, según los autores, el “mercado” era el lugar en el cual las personas se encontraban, hablaban (tesis 1), discutían de los productos, del precio, de la reputación y estrechaban relaciones con otras personas (tesis 2-5). Los autores afirman que internet facilita a cualquier persona el poder entrar en un mercado virtual, mantener relaciones y comunicarse de una forma mucho más ágil que en el pasado (tesis 6)
Tesis 8-13 conexiones entre nuevos mercados y empresas
Las misma tecnología que une a las personas en los mercados “fuera de los límites de la empresa” es la que une a los trabajadores de la empresa (tesis 8). Estas redes, a través la comunicación, generan un mercado y unos consumidores mucho más informados (tesis 9). La información disponible en Internet es muy superior a la información que utilizan las empresas (tesis 10-12).
Las demás tesis del libro están orientadas a analizar el impacto que estos cambios generaran en las organizaciones, de la misma manera que las organizaciones deberán asumir un cambio interno necesario para seguir manteniendo una posición en el mercado.
En definitiva, el Manifiesto Cluetrain, nos demuestra que Internet representa un nuevo fórum para la comunicación con el potencial de modificar definitivamente la naturaleza de la comunicación corporativa y del marketing en general. El cambio fundamental está en la capacidad de abatir las barreras corporativas y dar vida a conversaciones entre las personas que viven en la empresa y las personas ajenas a ella.
Desde esta perspectiva, el marketing online resultaría mucho más cercano al mantener conversaciones entre las personas respeto al generar mensajes unidireccionales de “autobombo”
Mecanismos que regulan el 2.0
Las razones que impulsan a las personas a participar poden ser múltiples y diferentes. Cada perfil Sociotecnografico se estimula de forma diferente y cada red social puede trasmitir determinados impulsos respeto a otros.
Las persona que responden al perfil de “creadores”, y por lo tanto acostumbrados a generar contenidos útiles en un blog, a fomentar la “conversación” en twitter, se mueven en base el impulso de ser reconocidos como “útiles” para la comunidad y recibir feedback positivo por parte de los otros miembros. El reconocimiento público otorgado por los contenidos generados es la recompensa por el tiempo dedicado a la generación de contenidos.
La gratitud, el reconocimiento, conocer e personas afines a nosotros, mantener un lazo de comunicación con nuestros familiares y amigos… cada uno de nosotros puede moverse en base a estímulos distintos, pero en todo caso a la base de todo estos siempre acabamos encontrando nuestra necesidad de ser “animales sociales” y por lo tanto de “conectar” con los demás de alguna forma.
.. to be continued….
Written by Marco Cimino
septiembre 23, 2010 at 9:00 am
Publicado en enterprise 2.0, marketing, Social Media
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Web 2.0, una moda o un’opportunitá per le aziende? (Parte 1)
[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Il mondo sta cambiando, le persone non relazionano piú per “dislocazione geografica” ma iniziano a crearsi gruppi sociali legati da interessi comuni. Internet, la facilitá di collegamento, la velocitá di propagazione e la “memoria” della rete obbligano le aziende quantomeno a “capirne” i meccanismi per decidere se unirsi al “movimento 2.0” o aspettare il prossimo turno.
“Web 2.0, una moda o un’opportunitá per le aziende?” é un workshop che sto preparando per fine ottobre, in Italia, che affronta la realtá dei Social Media dal punto di vista aziendale, indicandone i meccanismi e cercando di proporzionare ai partecipanti gli elementi necessari per poter decidere se effettivamente si tratta di un’opportunitá per incrementare le vendite, migliorare il posizionamento e la reputazione di una marca, migliorare il servizio al cliente o semplicemente di una moda passeggera destinata a dissolversi nel nulla.
Il seminario affronta, con esempi pratici di cosa fare e cosa non fare, come costruire una marca in Internet, come definire una strategia Online, come creare un Social Media Plan, come disegnare e posizionare correttamente una web, come creare contenuti utili per i nostri clienti, come creare l’identitá digitale di un’azienda, il ruolo del Community Manager.
A continuazione pubblicheró, mano a mano che preparo il materiale per il workshop, una serie di post sull’argomento, sperando che siano interessanti ed invitandovi a partecipare e commentare il modo da arricchire i contenuti e le opinioni.
Definizione: che cosa é il web 2.0?
Per definire il web 2.0 utilizziamo uno degli elementi 2.0 per eccellenza: wikipedia
Il Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto alla condizione precedente. Si tende ad indicare come Web 2.0 l’insieme di quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente e la partecipazione di altri utenti (blog, forum, chat, sistemi quali Wikipedia, Youtube, Facebook, Myspace, Twitter, Gmail, WordPress, Tripadvisor ecc.).
La definizione pone l’accento sulle differenze rispetto al cosiddetto Web 1.0, diffuso fino agli anni novanta, e composto prevalentemente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione con l’utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l’uso delle email e l’uso dei motori di ricerca.
Il web 2.0 nasce nel momento in cui si permette al consumatore la creazione e distribuzione di contenuti dinamici, grazie all’uso di nuove tecnologie quali i blog, le wiki, youtube, ecc.
Pero il fenomeno 2.0 é soprattutto un fenomeno sociale: storicamente le persone si sono relazionate tra loro in base alla loro ubicazione geografica (parenti,amici, conoscenti, il vicino..ecc), grazie ad internet le persone cominciano a stringere rapporti basati su affinitá ed interessi comuni (appartenere ad un gruppo di fanatici di una marca come Lego, appassionati per la montagna o i viaggi, tifosi del Los Angeles Lakers, ecc).
All’interno del fenomeno 2.0 distinguiamo diversi profili di persone in base al loro livello di contribuzione .
Secondo Forrester, in uno studio del fenomeno delle reti sociali che é alla base del libro “il mondo Groundswell”, esistono diversi gradi di partecipazione che possiamo definire Profilo SocioTecnografico (creatori, critici, catalogatori, profili sociali, spettatori ed inattivi).
Il movimento 2.0 é ampliamente descritto nel libro “The Cluetrain Manifesto”, scritto piu di 10 anni fa ma oggi ancora attualissimo, che si compone di 95 tesi (organizzate come un manifesto o invito all’azione), per tutte le imprese che operano all’interno di ciò che si propone di essere un nuovo mercato interconnesso. Le idee presentate, con l’obiettivo esplicito di esaminare l’impatto di Internet sia sui mercati (i consumatori) sia sulle organizzazioni. Inoltre, mentre i consumatori e le organizzazioni sono in grado di utilizzare Internet e Intranet per stabilire un livello di comunicazione precedentemente non disponibile tra questi due gruppi ed all’interno di essi, il manifesto suggerisce i cambiamenti che saranno richiesti da parte delle organizzazioni per rispondere all’ambiente del nuovo mercato.
Gli autori affermano che Internet è diversa dai media tradizionali utilizzati per il marketing di massa in quanto consente alle persone di avere delle conversazioni di tipo «uomo a uomo», e potenzialmente queste possono trasformare in modo radicale le pratiche commerciali tradizionali.
Alcuni esempi
Tesi 1-6: i mercati sono conversazioni
Storicamente, affermano gli autori, il mercato era un luogo in cui persone si riunivano e parlavano tra loro (tesi 1): potevano discutere dei prodotti disponibili, del prezzo, della reputazione e in tal modo si tenevano in contatto con gli altri (tesi 2-5). Gli autori quindi affermano che Internet fornisce un mezzo per chiunque sia connesso a Internet per rientrare in un siffatto mercato virtuale e, ancora una volta, raggiungere un tale livello di comunicazione tra le persone. Questo, nell’era dei mass media, prima di Internet, non era possibile (tesi 6).
Tesi 8-13: Collegamento tra i nuovi mercati e le imprese
La stessa tecnologia che collega le persone nei mercati al di fuori delle organizzazioni, sta connettendo anche i lavoratori all’interno delle organizzazioni stesse (tesi 8). Gli autori suggeriscono che queste reti, attraverso le conversazioni in atto, creano un mercato ed un consumatore più informati (tesi 9). L’informazione disponibile sul mercato è superiore a quella a disposizione delle organizzazioni stesse (tesi 10-12).
Attraverso la tesi rimanenti, quindi, gli autori esaminano l’impatto che tali grandi cambiamenti avranno sulle organizzazioni e come, a loro volta, le organizzazioni dovranno rispondere all’evoluzione del mercato per rimanere vitali.
Per il ‘Cluetrain Manifesto’ era fondamentale la premessa che Internet ha fornito un forum nuovo e unico per la comunicazione, cosa che potrebbe mutare definitivamente la natura della comunicazione d’impresa e del marketing. In sostanza, il cambiamento fondamentale per questo testo consiste nell’abbattere le barriere aziendali e dare vita ad una conversazione tra coloro che sono all’interno e chi è al di fuori di una azienda -il marketing online sarebbe più vicino al mantenimento di conversazioni con le persone piuttosto che una trasmissione di tipo broadcast di mezze verità sui prodotti e sui servizi.
Meccanismi que regolano il web 2.0
Le ragioni che spingono le persone a partecipare nelle reti sociali possono essere sostanzialmente diversi. Ogni profilo sociotecnografico risponde a motivazioni diverse e ogni rete sociale può favorire determinati impulsi rispetto agli altri.
Le persone che rispondono al profilo di “creatori”, quindi abituate a generare contenuti in un blog o impulsare conversazione su twitter, sono spinte dalla possibilità di esprimersi e di ricevere feedback positivo da altri individui. Il riconoscimento della comunità per i contenuti generati costituisce per loro una ricompensa.
Un altro stimolo potrebbe essere la riconoscenza. Una persona, dopo aver sperimentato l’utilità di un sito web, potrebbe sentire la necessità di partecipare come segno di riconoscenza per l’aiuto ricevuto. È il caso dei commenti a un prodotto o un servizio, il sistema di voto di alberghi e ristoranti o la raccomandazione di un articolo interessante in un portale di notizie.
Altre ragioni possono essere il mantenere il contatto con i nostri amici, conoscere nuove persone o semplicemente condividere una passione con altre persone affini a noi.
Ognuno può essere stimolato da motivazioni diverse, ed incluso la stessa persona può rispondere a stimoli diversi a seconda della rete in cui si muova o dello stato d’animo del momento.
In ogni caso, alla base di tutto ciò, sempre ritroviamo la nostra necessità di essere “animali sociali” e quindi di connetterci con gli altri.
Written by Marco Cimino
septiembre 19, 2010 at 2:55 am
Publicado en 2 "Reflexiones" in Italiano, Reti sociali
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Last in, best in
[tweetmeme source=”mcimino” only_single=false] Comentábamos hoy con una amiga la tendencia, en uso sobretodo entre pequeños empresarios que definiríamos «tradicionales», de dirigir toda la atención hacia el último consejo de un amigo durante un partido de golf o la última reivindicación de un cliente «difícil».
Lo que definiríamos «Last in, Best in«. (si, en efecto me lo acabo de inventar, no lo busquéis en la wikipedia … 🙂 ).
El típico caso en que «el jefe» se va a comer con los amigos que le comentan: «Tito, sabes que me estoy forrando con la importación de alpargatas de Perú«.. y eso se convierte en la obsesión del «jefe» durante los sucesivos 20 días, hasta darse cuenta que Perú no es famoso por sus alpargatas (que podría serlo, lo desconozco) o bien hasta la siguiente comida en la cual se comenta la tendencia en externalizar los servicios administrativos en las empresas pequeñas.
Para ser más realistas, otro caso sería el de un cliente que inesperadamente nos comenta que el pasado sábado necesitaba poder tramitar un pedido (supuestamente.. ya que normalmente estos clientes hablan mucho más de lo que acostumbran a tramitar 🙂 ) y que se encontró con la oficina cerrada!! Dios mío, un sábado nuestra oficina cerrada!!
La reacción natural del Jefe que manifiesta síndrome «Last in, Best in» es concentrar todos sus esfuerzos en encontrar la manera de no cerrar las oficinas en sábado, por si algún otro cliente tuviera la necesidad imperiosa de tramitar otro pedido. Al menos hasta que otro cliente iluminado nos sugiera alguna otra necesidad intempestiva.
Bromas a parte, si queremos posicionar un producto, crear nuestra marca o simplemente plantear el crecimiento de nuestra empresa (sobretodo si hablamos de una Pyme o MicroPyme), debemos tener en cuenta los 2 ingredientes principales: sentido común y estrategia. (en partes iguales).
Teniendo en cuenta que seguramente dispondremos de recursos finitos (léase tiempo y/o dinero), definir una estrategia nos ayudará a concentrar nuestros esfuerzos allí donde tenemos más probabilidades de éxito, evitando un desperdicio inútil de recursos y manteniendo coherencia en nuestras actuaciones como «marca» en el mercado.
La estrategia pasará obligatoriamente por conocer nuestro producto, nuestro mercado, saber que hace nuestra competencia y definir según distintos criterios nuestro «segmento» de clientes o «target«, con el objetivo (como bien dice mi compañero Jaime) de convertirnos en su mejor opción.
Una vez definido el target, estudiaremos sus necesidades reales (descubriendo si lo de tramitar un pedido en sábado era un farol o no), los mecanismos para aportar valor y finalmente definiremos los canales (on line, off line) y los atributos que deberá tener nuestra marca para llegar hasta él.
Solo falta un último ingrediente: el tiempo. Si un estofado de lentejas requiere 1 hora, no podemos obtener el mismo sabor en 5 minutos.
De la misma forma, la ejecución de nuestro plan requiere un tiempo. No hagamos el error de querer recoger los resultados finales (posiblemente las ventas) desde el primer día, sino marquémonos unos objetivos intermedios (también cualitativos) que se puedan mesurar para validar que estamos realizando las acciones correctas y obteniendo los resultados esperados.
Si tuviera un único proyectil que disparar, que harías? Apuntarías bien y luego dispararías o directamente dispararías en el aire con la esperanza de darle a unos de los patos que pasan por allí? El que dispara en el aire, en el fondo, no sabe a donde disparar.
Written by Marco Cimino
septiembre 14, 2010 at 11:51 pm
Publicado en branding, marketing
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Probando las cápsulas clónicas de Nespresso
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Gracias a los amigos de LoCatamos tengo la posibilidad de probar, con antelación a su supuesta salida en le mercado español, las cápsulas clónicas de Nespresso, producidas de momento sólo para el mercado Francés por Sara Lee (Marcilla en España).
La premisa es que me gusta el café fuerte y corto, al estilo italiano, y habitualmente utilizo la variedad «Ristretto» de Nespresso, tanto en casa como en la oficina.
Hoy probamos la variedad «Fuerza», que sobre el papel debería ser el equivalente del «Ristretto». La cápsula se presenta envuelta individualmente y una vez abierta se puede apreciar que el aluminio de Nespresso ha sido sustituido por plástico transparente.
El olor es bueno, sin embargo, una vez apretado el botón se puede apreciar como empieza a salir café muy liquido y casi sin crema.
Paramos la maquina y vemos como se forma la espuma pero de forma superficial. La apariencia es la de una café normal, pero vemos como debajo de la espuma la consistencia del café es muy líquida.
Oloramos. Casi no se percibe el aroma. De hecho se olía más antes de utilizar la cápsula que ahora.
Probamos. La sensación es de agua. El sabor queda muy diluido hasta el punto que después de haber tomado el café, casi no permanece sabor en la boca.
Prueba no superada. Me quedo con el original. Ristretto!
What else?
Generación digital
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Hace días que ronda este post en mi cabeza. Hoy, quizás, coincidiendo con la vuelta al cole sea el momento ideal para escribirlo.
Pol, 8 años. Me pidió prestado mi modem UMTS, lo conectó a su notebook (por el puerto USB de la derecha, porqué el de la izquierda una vez le dio problemas), le dio al botón «conectar» y abrió el navegador para irse a una página de juegos infantiles en línea para jugar con un Ferrari que corre por las calles de París a toda velocidad. Y todo esto lo hizo solo, sin preguntar nada. Simplemente imitando o repitiendo lo que había aprendido observando lo que había visto hacer anteriormente por su hermana (11 años) o por mi.
Es evidente que Pol ha utilizado su extraordinaria inteligencia heredada genéticamente de su padre 🙂 , pero es además muy evidente que en tan solo 3 generaciones estamos asistiendo a uno de los cambios mayores en la relación entre el hombre y la tecnología. He hecho varias veces esta reflexión, de cómo Internet y las redes sociales están modificando nuestras vidas, pero quiero volver sobre el tema no tanto desde la (evidente) perspectiva profesional, cuanto en la esfera de lo personal y de la relación entre las distintas generaciones que componen una familia.
En muy pocos años (poco más de cincuenta quizás), hemos pasado de la generación de nuestros padres, que vivieron los grandes avances de la tecnología (grandes en cuanto a descubrimientos que modificaron la sociedad), cómo el teléfono, la televisión, la radio, a nuestra propria generación en la cual mejoramos lo que teníamos (la tele se convierte en color, el teléfono se vuelve móvil, la radio se vuelve on-demand) y empezamos a saborear nuevos modelos de relación y comunicación gracias a Internet, para llegar a la generación de nuestros hijos que llevan el gen de lo digital en su proprio ADN.
Si paráis un momento a pensar, hemos pasado de la época de los abultados manuales de instrucciones che nuestros padres se «emperraban» de resumir en una hoja escrita con lápiz, a unas cuantas hojas de «guía para el usuario» de nuestros días, para llegar a una casi ausencia de información convencional en los artilugios de nueva generación. Es que nuestros hijos han nacido con la tecnología «embebida» en su código genético, desarrollando la capacidad de asumir con absoluta naturalidad el uso de prácticamente cualquier gadget en su vida cotidiana. Escribí un post hace poco más de un año en el cual hablaba de las características de nuestra generación digital, sus inquietudes y su innata capacidad para adaptarse a la tecnología. De hecho ellos, a diferencia de nosotros, viven la tecnología como un simple medio y con una naturalidad excepcional; mientras nosotros seguimos preguntándonos el porqué, ellos se limitan a utilizarla.
Y hasta aquí todo normal (o casi), nuestros hijos aprenden rápido y además sin necesidad de «instrucción». O al menos esto es lo que parece. Pero la verdad es otra, ellos aprenden solos también porqué la inmensa mayoría de padres no tenemos criterio suficiente para educar y/o orientarles en la utilización de Internet y las nuevas tecnologías en general. Y evidentemente tampoco podemos utilizar lo que nos enseñaron nuestros padres, que se ha quedado tan lejos que ahora sonaría hasta ridículo. Os imagináis la cara que pondría nuestro hijo si le dijésemos: «chaval, en Facebook no chatees con desconocidos!«. Posiblemente nuestra poca credibilidad quedaría bajo tierra antes de que acabásemos la frase. O quizás «aguantaríamos el tipo» mientras nuestro hijo nos dice: «pero papa, quieres que chatee solo?????»
Está claro, nosotros los de la «otra generación» debemos hacer un esfuerzo adicional para intentar trasladar nuestros valores de toda la vida a los nuevos medios y modelos de relación. Es por eso que no me extraña oír comentarios a nivel profesional que digan «no estamos preparados para entrar en los Social Media» o a nivel personal que «Internet todo el mundo sabe que no representa la verdad absoluta». Y con esto me enlazo a los comentarios de mi amigo Pedro a mi anterior post en los cuales (con todo el aprecio) es evidente que hay una diferencia sustancial entre la manera de intender Internet de las personas que nos relacionamos también a través de las redes sociales y las personas que tienen el deber de legislar y tutelar la libertad de unos y otros.
No quiero llegar a conclusiones ni tampoco tener la presunción de «vomitar» una formula mágica; pero es evidente que nosotros, la generación que «mandamos», no estamos preparados. En absoluto.
No estamos preparados como padres para poder guiar a nuestros hijos en temas tan básicos como la identidad digital, la confidencialidad, la seguridad en Internet, como relacionarse con los demás, qué significa compartir y qué significa protegerse en un medio potencialmente peligroso.
No estamos preparados como maestros y profesores o tutores, ni de lejos, a sustituir parte de los libros por un ordenador portátil. Está claro, por algún sitio había que empezar.. pero quizás el sitio correcto hubiese sido el formar a los docentes antes de dejarles el «muerto» en las aulas. Y tampoco estamos preparados como legisladores y gestores a seguir el ritmo, estando sentenciados a ir siempre un paso atrás como bien comentaba Pedro en algunas de sus entradas. Y que quede claro, lo mio no es quejarme de este o aquel color, de ese u otro político. Lo mio es la conciencia de no estar preparado para algo realmente importante.
Mientras tanto Pol me sigue pasando la mano en la cara (sin saberlo) demostrándome que el ser humano tiene un instinto de adaptación al medio superior a lo esperado, el problema es que no podemos siempre dejar las cosas a la naturaleza. Alguna vez habrá que intervenir, digo yo!
Written by Marco Cimino
septiembre 7, 2010 at 2:10 pm
Publicado en Internet, Social Media, tecnología
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